La caduta: Awa e Adama
Nei lavori di Maïmouna Guerresi, l’osservatore è sospinto verso uno spazio metafisico. Una realtà sospesa, in equilibrio tra il respiro dell’umano e del divino, dove il tempo vive ancora al di qua dell’origine. Questo altrove atemporale, la cui luce si estingue con la caduta dell’umano, è il teatro dei soggetti primigeni ritratti squisitamente da Guerresi. Personaggi scultorei, in senso letterale e figurato, che raccontano con i loro gesti e le loro pose il mito originale narrato dalle fedi abramitiche.
Nella serie, il racconto primordiale si snoda attraverso il bidimensionale del mezzo fotografico e il tridimensionale della pratica scultorea — due esercizi in profonda comunione nella sublime poetica dell’artista. Una complementarità resa qui ancor più esplicita dal dialogo tra Shame e The Expulsion from Paradise. Quest’ultima opera, un’installazione scultorea ispirata all’omonimo dipinto di Masaccio, mostra calchi di mani modellati in resina bianca, i cui gesti evocano quelli di Awa e Adama (Eva e Adamo) ritratti in fotografia. I due giganti, così immaginati dalla tradizione islamica africana, sono voltati, con i volti nascosti, mentre contengono se stessi per la vergogna.
Avvolti da delicati drappeggi, i corpi monumentali dei “sunuy màam” (progenitori primordiali) si stagliano nell’oscurità di ogni fondale edenico. Un’oscurità che pare presagire non solo l’imminente caduta, ma la condanna a una finitudine ineluttabile. Questa natura esistenziale, che diviene poi condizione propria dell’umano, si raccoglie anche nel nero delle nuvole sostenute da Awa con un filo. La scultura, guardando verso l’alto, sembra vivere nella malinconia di questo declino, nella soglia di questo limite. Un limite che la stessa Awa, questa volta ritratta in fotografia, cerca di evadere in sogno mentre osserva una nuvola azzurra che cade verso di lei.
Le incombenti nuvole che sovrastano Awa sono metafore visive adoperate da Guerresi. Realizzate con sacchi di plastica, le nuvole richiamano la caducità dell’esistenza. Un’esistenza che, nel corso della storia umana, è stata aggravata in un primo momento da illusorie pratiche antropocentriche, e in un secondo da irreversibili dinamiche antropoceniche. Su queste dinamiche, Guerresi invita a porre la il nostro sguardo, volgendo al contempo la nostra attenzione su un pensiero panteistico, dove l’umano è un tutt’uno con la natura.
The Fall: Awa and Adama è sì il racconto dell’origine, ma è anche il punto da cui Guerresi scansiona la trama nascosta dell’umano. Un cammino, dischiuso nella quiete della propria interiorità, che si fa sguardo su lontani echi di misteri primordiali. Nella serie, rievocando le scene della Porta del Paradiso di Ghiberti, due sculture prive di volto chiedono “Are the gates of Paradise not open?”. La domanda è retorica, suona come un invito. Le figure angeliche ci prendono per mano. Attraversiamo l’oscurità, e insieme a loro entriamo.
(Il testo ha accompagnato ‘The Fall: Awa and Adama’, mostra personale di Mi tenutasi presso la Mariane Ibrahim Gallery di Chicago nel novebre 2022.)