Note Silenti
Nell'ultima email, mi raccontavi di John Brewster. Eri andato a vedere una mostra dei suoi dipinti, ed eri rimasto incantato davanti a Ritratto di Sarah Prince.
Nel dipinto, spiegavi, la ragazza sedeva al pianoforte, e teneva in mano lo spartito di una canzone di James Hook. Lo sguardo di Sarah non era rivolto verso lo strumento. Il suo viso ti guardava con un’espressione che infondeva grande calma.
Mi scrissi: “La calma era ancora più profonda se pensavo al suo mondo: Sarah Prince, come John Brewster, era sordomuta. Nè lei, nè l’artista avrebbero mai potuto sentire il suono di quel pianoforte.”
Le tue parole, come un piccolo amo gettato in acqua, recuperarono dalla mia memoria dei versi di Tomas Tranströmer. (Riaffiorano spesso quando mi soffermo su un dipinto, o una foto, perché i suoi versi, come dice Robert Bly, evocano immagini “senza sforzo apparente.”)
In Grief Gondola #2, scritta nel 1996, il poeta svedese racconta un sogno fatto sei anni prima. Nel sogno, Tranströmer disegna dei tasti di pianoforte su un tavolo, e inizia a premerli. “I played on them, without a sound,” scrive il poeta. “Neighbours came by to listen.”
Rileggendo quei versi, e guardando la foto del dipinto, trovo una comunanza tra il mondo onirico di Tranströmer, e il mondo reale di Sarah. Nel ritratto, come nel sogno, il silenzio era un sipario sulle note dei tasti. Il pianoforte era muto. Ma richiamava le persone in ascolto. Coloro in grado di vedere il suono delle note silenti.
Penso all'accordo tra parole e immagini. E mi piace ricordare ciò che mi scrissi in una delle prime email: “ogni verso di ogni singola poesia è la didascalia orfana di una fotografia smarrita.”